sabato 1 novembre 2014

Approfondimenti sulla questione di un papa eretico.


Dopo aver postato la riflessione di questa mattina, in cui esponevamo anzitutto l'attualità di una questione dibattuta con rispetto da santi e dottori esponendo l'opinione più sicura, ossia quella di san Roberto Bellarmino, Dottore della Chiesa, abbiamo ricevuto dai nostri lettori alcuni approfondimenti che siamo lieti di proporre. Sono due ulteriori pareri autorevoli, entrambi ancora di gesuiti. In tempi di tempesta è bene guardare ai santi e ai dottori dalla dottrina provata dai secoli (e non di una stagione), come a fari sicurissimi per orientarsi. 

Il primo e più recente dei due è Domenico Palmieri [qui], che fu teologo del Collegio Romano e della Penitenzeria Apostolica, che nel suo Tractatus de Romano Pontefice [quiscrive:

«Ci si chiede, di solito, se il Pontefice, come persona privata, quando non esercita in atto la funzione di Dottore della Chiesa, possa errare nella fede. La questione concerne propriamente l’errore circa un articolo di fede già definito, così che, se fosse volontario, sarebbe vera eresia. Alcuni, con Bellarmino, lo negano (De Rom. Pont., l. 4, c. 6). Tuttavia, poiché gli antichi autori lo ammettevano, e gli stessi Pontefici lo hanno sufficientemente affermato (Innocenzo III, Serm. 2° De Consecratione sua: “La fede mi è tanto necessaria che, mentre per gli altri peccati ho solo Dio come giudice, per il solo peccato che commettessi contro la fede, potrei esser giudicato dalla Chiesa”. Vedi Adriano II, allocuzione 3a, letta nel Syn. 8, act. 7), e nel Decreto Dist. 40, c. 6, permisero che si leggessero le parole di (san) Bonifacio, Arcivescovo di Magonza: «Nessuno dei mortali presume di rimproverare le colpe del Romano Pontefice, perché colui che dovrà giudicare tutti non è giudicato da nessuno, eccetto, forse, il caso in cui sia riconosciuta la sua deviazione dalla fede», non riteniamo di dover esser più solleciti della stessa Sede Romana nell’affermare tale prerogativa nei successori di San Pietro. Le sentenze sopra riportate devono riferirsi al Pontefice come persona privata che erra circa verità già definite o trasmesse dalla Chiesa in modo equivalente: anche se il Papa errasse circa le altre verità, non si può istituire nessun giudizio contro di lui.
Cosa dire circa quella sentenza di canonisti e teologi, secondo cui, in caso di eresia, il Pontefice può esser deposto? Rispondo. 
1) Il caso è ipotetico, perché forse non è mai stato reale, e mai lo sarà; 
2) Ammessa l’ipotesi, quella sentenza deve esser intesa così: il Pontefice ostinato nell’eresia (dico ostinato: se, ammonito dalla Chiesa, recedesse dal suo errore, non si deve procedere più contro di lui), non è deposto dall’uomo, ma da Dio, il quale gli toglie la giurisdizione che gli aveva dato. La Chiesa solo dichiarerà che lui è eretico, e perciò spogliato da Dio della giurisdizione» (Pars II, Caput II, Thesis XXXII, Scholion I, p. 717).

Il secondo parere è di Francisco Suarez [qui], che non credo abbia bisogno di presentazioni, il quale scrive con grande chiarezza nel suo Defensio fidei catholicae et apostolicae adversus anglicanae sectae errores (Pars II) Ebook disponibile [qui]:

«In caso di eresia il Papa può esser deposto, non dagli uomini, ma dallo stesso Dio, premessa la dichiarazione di un concilio legittimo. In questo caso non c’è volontaria sottomissione da parte della persona del Pontefice, né una coazione involontaria nei suoi confronti, mentre egli è ancora Pontefice, ma solo la conoscenza e l’esame delle cause [della sua dimissione da parte di Dio], che il Pontefice in questo caso non può giustamente impedire, perché è una giusta e necessaria difesa concessa da Dio [alla Sua Chiesa]» (p. 29). (l. IV, c. 7, n. 5)

3 commenti:

  1. Gent.mo. Riguardo ai due passi citati dal Suarez (Defensio fidei), ho potuto riscontrare solo il secondo, di cui lei fornisce gentilmente il collegamento ipertestuale, ma non il primo ("Cosa dire circa ... spogliato da Dio della giurisdizione"). Forse una mia disattenzione, ma potrebbe lo stesso aiutarmi a confrontarne il testo latino specificando ulteriormente il riferimento (o riportandolo testualmente)? Grazie in anticipo.

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    1. Gent.mo Johannes, grazie per il suo commento.
      É più di un anno che non mettevo mano a questo blog e la sua richiesta è stata una ottima sprone. Dopo aver fatto le dovute ricerche, mi son reso conto che in effetti il testo che attribuivo erroneamente al Suarez, in realtà era del Palmieri (che in esso citava il passo del Suarez che poi ho riportato).
      Domando scusa per l'imperizia che probabilmente le sarà costata una certa perdita di tempo. Ho provveduto comunque a correggere il testo del post, aggiungendo inoltre il link dove poter trovare il libro del Palmieri oltre ai precisi riferimenti.
      Preghi per me.

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    2. Svelato il mistero quindi! Non si scusi, ha data occasione anche a me di cercare di toccare con mano, e addirittura di congratularmi con me stesso avendola "costretta" ad una risposta tanto generosa! Non sarei riuscito davvero a trovare quel passo da solo : sono risalito al De fide del Suarez (disputa X, sezione VI), ma anche lì, come può ben immaginare, ho potuto constatare la rispondenza del contenuto, non della lettera. Grazie ancora! Ricordi anche me nelle sue preghiere, io farò altrettanto. Un caro saluto in Cristo.

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